Nella Berlino del 1931 in cui, concentrati in pochi quartieri confinanti, si aggirano migliaia di giovani e tutti si definiscono artisti, e inaugurazioni, première e ricevimenti si susseguono senza sosta, non vi è anima viva che aspiri a condurre una vita regolare. A maggior ragione Egon Loeser, giovane scenografo del piccolo Allien Theater di Berlino, la cui esistenza è resa ancora più ardua da due «ostacoli» fondamentali: gli incidenti e le donne. Protagonista della scena teatrale berlinese neoespressionista, Loeser si dichiara l’unico vero erede di Adriano Lavicini, il grande scenografo del diciassettesimo secolo, l’inventore del Congegno di teletrasporto, il catastrofico prototipo sperimentale di scenotecnica atto al “trasporto semi-istantaneo di persone da un luogo all’altro”, che nel 1679, in una fatidica rappresentazione al Théatre des Encornets di Parigi, crollò causando numerose vittime, tra le quali Monsieur M***e, il gatto del teatro, e Adriano Lavicini in persona. Duecentocinquanta anni dopo, in barba alla superstizione, per rendere più vivido il tragico fallimento del grande scenografo, Loeser ha pensato bene di mettere in scena all’Allien Theater, nel dramma Lavicini ideato con l’amico regista Immanuel Blumstein, un nuovo Congegno di teletrasporto. Il risultato è stato che, durante le prove, Adolf Klugweil, protagonista putativo del dramma, si è ritrovato a un certo punto per metà fuori dall’imbracatura della macchina fatale, con gli arti piegati, il volto pallido e gli occhi sporgenti. Fosse solo per questo scherzo del destino, la vita di Egon Loeser non sarebbe dissimile da quella di numerosi artisti della scena berlinese degli inizi degli anni Trenta, incessantemente alle prese con lo spettro del fallimento. All’incidente della macchina fatale, tuttavia, a rendere ancora più complicati i suoi giorni, si è aggiunto un incontro altrettanto fatale. Durante una festa in una vecchia fabbrica di corsetti, dove tra gli invitati c’era Bertolt Brecht – fastidiosamente onnipresente o annunciato a ogni occasione mondana berlinese - è comparsa al suo cospetto Adele Hitler: i capelli, diversamente dal taglio a carré in voga in quel 1931, magnificamente lunghi, uno stormo di storni neri; gli occhi grandi, luminosi, dolci e, insieme, straordinariamente barocchi; il volto di una bellezza intensa, irresistibile… Romanzo che è valso al suo autore la segnalazione della rivista «Granta» tra i migliori talenti della nuova narrativa internazionale, La macchina fatale è stato il libro-rivelazione dell’ultima stagione letteraria britannica. Selezionato dal Man Booker Prize 2012, libro dell’anno dell’Observer, del Daily Telegraph e dell’Evening standard, l’opera ha ottenuto, al suo apparire in Inghilterra, uno straordinario successo di pubblico e critica