L'8 settembre 1941, undici settimane dopo l'inizio dell'Operazione Barbarossa, l'attacco tedesco all'Unione sovietica, Leningrado era circondata dalle truppe nemiche. L'assedio durò due anni e mezzo, nei quali almeno 750.000 civili - un quarto degli abitanti della città - morirono di fame.
Questo volume, tanto appassionante nel racconto quanto autorevole e documentato, narra uno degli eventi più tragici del Ventesimo secolo, ricostruendo la vita quotidiana di assediati e assedianti anche grazie alle testimonianze dei protagonisti. Ciò che emerge è la ferocia con cui i tedeschi decisero consapevolmente di affamare Leningrado fino alla resa, ma anche gli errori di calcolo di Hitler, l'incompetenza e la crudeltà dello Stato maggiore russo, gli orrori vissuti dai soldati in prima linea e soprattutto la terribile esistenza nella città assediata: la ricerca incessante di acqua e di qualunque cosa potesse sembrare commestibile; l'abbrutimento emotivo e la disgregazione dei legami familiari e affettivi; episodi di saccheggi, omicidi e cannibalismo, ma anche di straordinario coraggio e abnegazione.
In Leningrado Anna Reid dà finalmente voce alle centinaia di migliaia di vittime e fa piazza pulita di decenni di propaganda sovietica. Rifacendosi alle fonti dirette rese recentemente disponibili - diari privati, documenti governativi - tenta di rispondere a domande finora insolute: il numero di periti fu responsabilità di Stalin quanto di Hitler? Perché alla fine i tedeschi non presero la città? Cosa impedì il deflagrare dell'anarchia? In quell'inferno, cosa faceva la differenza tra vivere e morire?