Il flâneur è l'eroe della modernità: appenaNapoleone III diede a Haussmannl'incarico di ridisegnare le strade di Parigi,gli uomini iniziarono a camminarci, attirandonel corso dei decenni l'attenzionedi artisti e intellettuali come Baudelaire eBenjamin, che fecero del flâneur una figuraleggendaria, simbolo di libertà e autodeterminazione.Le donne, in tutto questo,dov'erano? La maggior parte dei dizionarifrancesi non riportava nemmenoil termine flâneuse. Il Pantheon di Parigiè dedicato agli uomini illustri, e coerentementeospita sepolcri in larga maggioranzamaschili. Nell'ammodernamento ottocentescodi Madrid, solo una strada venneintitolata a una donna. La parola «passeggiatrice» ancora oggi ci parla di prostitute,non di donne che camminano. LaurenElkin non ci sta: in Flâneuse ricostruisceuna genealogia letteraria, storica, culturaledi donne che con le strade cittadinehanno intrattenuto un legame profondo,creativo ed emotivo, quello che Will Selfdefinisce «psicogeografico».
Cosí, dagli incamminabili sobborghidi New York, dove Elkin è nata, ci spostiamonella Parigi rivoluzionaria, in cuiGeorge Sand dismette vestiti, gonne ecappellini per destreggiarsi tra barricatee omnibus in stivali e redingote; e poi aLondra, sulle orme di Virginia Woolf cheattraversa la città alla ricerca di una matita,e di nuovo a Parigi, ma nel 1919, quandoProust vince il Goncourt, Sylvia Beachapre la sua celebre libreria, e Jean Rhysdiventa una perfetta «ragazza della Rive gauche». Passeggiando, arriviamo a Venezia,dove Sophie Calle pedina il misteriosoHenri B. per fotografarlo di nascosto,e poi a Tokyo, e ancora a Parigi, con laCléo di Agnès Varda, e infine si torna acasa, a New York, dove Elkin si perde.Perché, come dice Perec, lo spazio è undubbio: «non è mai mio, mai mi viene dato,devo conquistarlo». Come hanno fattole flâneuses nella storia, come fa Elkin inquesto libro.
«Erano anni che aspettavo che la storiadelle donne camminatrici venisse incorporataalla letteratura critica sul flâneur:lo fa Lauren Elkin, in questo libro intelligentee bellissimo».
Vivian Gornick