Cosa significa essere italiani? Eraldo Affinati lo chiede a Dante e Petrarca, Boccaccio e Leopardi, Campana e Fenoglio; ma, partito da Castel del Monte, non si limita a interrogare le loro pagine. Pellegrino nei luoghi della nostra letteratura, trasformati e resi quasi irriconoscibili dalla modernità, gli accadono le avventure più incredibili: spiega San Francesco a una giovane prostituta nigeriana, Marco Polo agli adolescenti afghani della Città dei Ragazzi; crede di riconoscere Laura fra i ciclisti che scalano il Monte Ventoso e uno dei giganti di Giambattista Vico nei bassi napoletani. Nella Lampedusa di oggi trova il paladino Orlando che accoglie a tavola i nemici di un tempo. A Gerusalemme Clorinda gli legge alcuni indimenticabili versi. Lo scrittore assume la voce del Machiavelli ingaglioffito di San Casciano. Ascolta il Belli attraverso suo padre, scomparso da anni. I rusteghi di Goldoni rinascono nei genitori bengalesi che ostacolano il matrimonio della figlia. A Londra è Foscolo a prendere la parola.
Eraldo Affinati diventa Renzo in fuga nei boschi lombardi. In Sicilia scopre che Ranocchio, il famoso personaggio di Giovanni Verga, si chiama Jonut. Nelle contrade romagnole ripercorre il cammino della cavallina storna. Insegue Gozzano fino in India. Ritrova il fantasma di Cesare Pavese nel deserto di Yuma e quello di Bassani in Israele. Sosta pensieroso davanti alla casa di Primo Levi. Sprofonda nella trincea che fu di Ungaretti. Va in Albania sulle tracce di Mario Rigoni Stern. Incontra per strada Accattone di Pasolini. Finché, raggiunta la tomba di Mazzini a Genova e quella di Garibaldi a Caprera, lascia intendere che senza i nostri grandi autori, troppe volte dimenticati, ma altrettanto spesso ancora ben vivi, dichiararsi italiani non avrebbe senso.