Attraverso un’ampia panoramica storica del suicidio, un’indagine letteraria di alcuni famosi messaggi d’addio – Cobain, Améry, Woolf – e un’autoanalisi psicologica a tratti ironica e graffiante, Simon Critchley analizza cosa significa possedere il dono fin troppo umano – e la maledizione – di essere in grado di scegliere tra vita e morte. E aggiunge che scrivendo si fa un passo indietro e fuori dalla vita per guardarla in modo più spassionato e con un occhio più fermo. Si possono mettere a tacere le cose scrivendo, fantasmi, tormenti, rimpianti, ricordi che ci scorticano vivi. E, come dice Rusty Cohle nella serie HBO True Detective, «Non ho il fisico per suicidarmi». "Un libro erudito e provocatorio che ci chiede di riflettere sul suicidio senza giudizi morali e risposte da panico." Judith Butler