La maestria di Ernst Jünger ha raggiunto le punte più alte in quegli scritti dove lo stile diventa forma della contemplazione: lo dimostra in maniera imperiosa «Foglie e pietre», del 1934, in cui Jünger raccolse una serie di brevi testi: taluni, come la mirabile «Lettera dalla Sicilia all’uomo nella luna», con natura di «foglia», altri, come «Fuoco e movimento», più affini alla «pietra». Ma tutti «presentavano un carattere di durata al di là dell’occasione contingente». Parole venate di ironia, perché tali occasioni oscillavano fra il paradiso solitario di alcuni viaggi e l’inferno collettivo della Grande Guerra, colta nella sua scaturigine tecnica e selvaggia in uno scritto («La Mobilitazione Totale») che ha avuto un’immensa influenza sino a oggi. E tuttavia che l’oggetto sia il petalo di un fiore o un incendio cosmico non fa differenza: l’occhio che vi si posa è lo stesso – l’occhio di un naturalista che con equanime attenzione lascia affiorare le nervature segrete delle cose. Di fatto, Jünger stesso definì questi scritti «esercizi dello sguardo».