Una «comitiva di sopravvissuti»: a dieci anni esatti dal suo trapianto di fegato, Francesco viene invitato a una rimpatriata cui interverranno cento trapiantati assieme alle rispettive famiglie. È titubante, non sa se partecipare, ma alla fine, trascinato per un orecchio dalla Mamma, sale con lei sul torpedone. Acciacchi, fobie, farmaci indispensabili e piccole miserie: i protagonisti di questa gita somigliano ciascuno a una maschera della commedia, dal timido al giullare, dallo sbruffone al pauroso. In comune hanno il fatto di essere nati due volte, che è un dono immenso, ma anche una responsabilità. Quella di dover essere felici. Con la sua voce carognesca e a tratti malinconica, Abate ci racconta la storia della nostra fragilità e, al contempo, della nostra cocciuta voglia di vivere.
«Quando ho visto un'ottantenne sbucare da un gomito della salita, venirmi incontro, lesta come un capriolo sui sassi traditori, e sbraitare: - Checco, noioso, ma insomma, vi muovete o no?! - ho capito di aver commesso l'irrimediabile cazzata dell'anno 2017: partecipare alla gita dell'associazione sarda trapiantati e portarci pure Mamma».